L’abuso indiretto sui minori

Proseguendo nel solco tracciato sabato scorso nel quale, unitamente all’avv. Domenico Frasca compivamo alcune riflessioni in ordine al reato di stlaking ed agli effetti medico legali conseguenti, oggi, andiamo ad esaminare quelle altre azioni lesive che si perpetrano nell’ambito della comunità familiare e che vanno a ledere da una parte, il coniuge o il convivente che subisce direttamente la condotta pregiudizievole dall’altra, per quel che più interessa in questa sede,  i minori, che assistono indifesi ad un degrado familiare che si consuma innanzi ai loro occhi. E’ quasi superfluo elencare le innumerevoli condotte che ledono il cosiddetto “diritto alla tranquillità familiare” che rinviamo, nostro malgrado, alle cronache giudiziarie o ai telegiornali quotidiani. Prendiamo atto, purtroppo, che codeste situazioni conflittuali di coppia o tra coniugi e figli possono degenerare sino ai comportamenti più violenti fino a concorrere a vere e proprie perpetrazioni di condotte rilevanti sotto il profilo penale. La violenza di carattere psicologica se non addirittura fisica, per produrre un vero effetto lesivo sul minore e far scattare la conseguente azione legale a tutela dei figli, deve inserirsi in un ampio contesto di condotte illecite, finalizzate a pregiudicare l’integrità psico-fisica o a cagionare un clima di minacce ed intimidazioni, tali, da rendere impossibile il rientro nell’abitazione e la conseguente convivenza. Il senso di queste affermazioni estratte da consolidata giurisprudenza, prosegue l’avv. Frasca, è riferito soprattutto all’art. 342 bis c.c., che va letto argomentando che non è sufficiente un singolo episodio di maltrattamenti per far insorgere sia il pregiudizio psico-fisico che l’azione legale posta a sua tutela, bensì, si rende necessario un pregiudizio particolarmente significativo, ripetuto nel tempo in modo apprezzabile con particolare riguardo al bene coinvolto ed alle modalità dell’offesa posta in essere. In ogni caso, una volta accertata la condotta attiva od omissiva che abbia arrecato il grave danno (violazione degli obblighi familiari di mantenimento del coniuge, della prole, minacce, percosse, ecc…), l’attenzione dei più è sempre stata attratta dall’integrità psico-fisica dell’ abusato. In realtà, da un altro angolo di lettura, queste condotte mettono in luce conseguenze traumatiche alle quali sono esposti anche i minori e non in via residuale od accessoria. I gesti, le errate consuetudini, le stravaganze, gli stili di vita familiare di una certa violenza ed entità, che per un adulto possono essere persino trascurabili – poiché nel contesto di vita e di relazioni personali o professionali ne costituiscono la norma – al contrario, possono arrecare gravi ricadute in termini di equilibrio oltre che di educazione sui figli, che assistono privi di strumenti adeguati e di difese alle tensioni quotidiane. Con il termine di “violenza assistita” od indiretta che gli inglesi chiamano “witnessing violence”, ci riferiamo a tutti quegli atti violenti – di natura fisica, psicologica, sessuale ed economica – compiuti in seno alla famiglia su quelle persone (ad esempio sulla madre o sul fratello) che costituiscono il riferimento per i minori e mediante i quali i figli basano la propria esperienza iniziale, elaborandone gesti ed intenzioni. Il minore si trova, molto spesso e suo malgrado, quale testimone passivo coinvolto in liti che si crede che non vengano percepite, ma che al contrario rimangono indelebili nella psiche dello stesso. Il marito che grida sempre in casa, il clima di tensione, se non di terrore che crea - poiché le vicende domestiche non corrispondono alle sue aspettative di organizzazione – riverberano effetti devastanti fino ad arrecare grave danno alla sfera di sviluppo dei minori costretti a subire indirettamente un rilevante  maltrattamento sul piano psichico, che viene completamente trascurato sia dagli adulti in famiglia che dalla stessa società. La giurisprudenza attraverso alcune sentenze ha iniziato, sia pur da poco tempo, a riconoscere in virtù delle tenzoni familiari, il pregiudizio all’integrità morale e psichica oltre che fisica dei figli. Proprio al fine di tutelare i minori ed il conseguente assetto dei rapporti familiari il giudice civile, coadiuvato dalle strutture socio-assistenziali sul territorio, può disporre l’allontanamento dell’autore delle molestie dalla casa familiare o il divieto di accedervi senza l’autorizzazione e con modalità  dettate dal caso concreto. In tal modo si ritiene di fornire la massima protezione alle vittime di abuso  sotto tutte le forme perpetrate anche se subito in forma indiretta e, la mancata ottemperanza all’ordine medesimo, comporta ad integrazione della fattispecie, la commissione di un reato punito dal codice penale. Per concludere, la nostra Carta Costituzionale riconosce che gli interessi del singolo debbano prevalere rispetto a quelli del nucleo familiare interrompendo, da una parte, il ciclo delle violenze subite passivamente dal minore, ma al contempo, lasciando una porta aperta al recupero delle relazioni familiari contaminate.

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